120 VOLT(A)


Descrizione
“Sul recto della banconota da 10.000 lire in circolazione dal 1984 fino al 1999, l’anno di avvento dell’euro, spiccava un ritratto dal sapore ottocentesco che, per gli Italiani quantomeno trentenni, è tuttora un caposaldo dell’immaginario collettivo. Il personaggio effigiato di tre quarti era Alessandro Volta nella versione schizzata dal vero da Giovita Garavaglia. Accanto allo scienziato, la banconota raffigurava il primo modello della sua invenzione più celebre, la pila. Sul verso era invece riprodotto il Tempio eretto a Como, città natale di Volta, nel 1927, in occasione del centenario della sua scomparsa.
Per quasi due decenni, quel biglietto di banca è stato uno dei più importanti vettori pubblicitari del capoluogo lariano. Inoltre numerosi italiani hanno preso confidenza con un luminare dal profilo azzimato e dallo sguardo severo proprio grazie a una banconota che, nel corso del tempo, con la complicità più dell’inflazione che dell’aumento del reddito pro capite, è stata ampiamente diffusa.
L'opera di Fabrizio Musa ed Enzo Santambrogio si innesta su questo amarcord dell’epoca pre-euro. Le banconote erano già state utilizzate da Musa come fonte iconografica nelle elaborazioni digitali degli anni novanta. Nelle opere realizzate a quattro mani con Santambrogio, però, il biglietto da 10.000 lire si carica di quel senso ironicamente retrò che caratterizza il lavoro più recente di questo «fotografo e sperimentatore», come egli stesso ama definirsi.
Il titolo dell’opera, 120 VOLT(A), rimanda sia alle 120 rielaborazioni dell’effigie di Volta realizzate dal duo Musa-Santambrogio, sia allo standard di fornitura elettrica in voga nei paesi extraeuropei. Un escamotage linguistico che, mai come in questo caso, crea un cortocircuito semantico.”
(cit. Roberto Borghi)

pagamento
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“Sul recto della banconota da 10.000 lire in circolazione dal 1984 fino al 1999, l’anno di avvento dell’euro, spiccava un ritratto dal sapore ottocentesco che, per gli Italiani quantomeno trentenni, è tuttora un caposaldo dell’immaginario collettivo. Il personaggio effigiato di tre quarti era Alessandro Volta nella versione schizzata dal vero da Giovita Garavaglia. Accanto allo scienziato, la banconota raffigurava il primo modello della sua invenzione più celebre, la pila. Sul verso era invece riprodotto il Tempio eretto a Como, città natale di Volta, nel 1927, in occasione del centenario della sua scomparsa.
Per quasi due decenni, quel biglietto di banca è stato uno dei più importanti vettori pubblicitari del capoluogo lariano. Inoltre numerosi italiani hanno preso confidenza con un luminare dal profilo azzimato e dallo sguardo severo proprio grazie a una banconota che, nel corso del tempo, con la complicità più dell’inflazione che dell’aumento del reddito pro capite, è stata ampiamente diffusa.
L'opera di Fabrizio Musa ed Enzo Santambrogio si innesta su questo amarcord dell’epoca pre-euro. Le banconote erano già state utilizzate da Musa come fonte iconografica nelle elaborazioni digitali degli anni novanta. Nelle opere realizzate a quattro mani con Santambrogio, però, il biglietto da 10.000 lire si carica di quel senso ironicamente retrò che caratterizza il lavoro più recente di questo «fotografo e sperimentatore», come egli stesso ama definirsi.
Il titolo dell’opera, 120 VOLT(A), rimanda sia alle 120 rielaborazioni dell’effigie di Volta realizzate dal duo Musa-Santambrogio, sia allo standard di fornitura elettrica in voga nei paesi extraeuropei. Un escamotage linguistico che, mai come in questo caso, crea un cortocircuito semantico.”
(cit. Roberto Borghi)
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